SCRIVI TU LA FINE
con GABRIELE CAPILLI CARLO CUSANNO CAMILLA SANDRI
creazione e regia ANDREA CIOMMIENTO
allestimento LUCIA GIORGIO
progetto luci SERAFINO SPROVIERI
aiuto regia FEDERICA ALLORO
progetto permanente INTERAZIONE SCENICA
piattaforma CO.H TORINO
SELEZIONE PREMIO TUTTOTEATRO.COM DANTE CAPPELLETTI 2015 (ROMA)
DURATA: 1 H 11 MIN
PRESENTAZIONE
“Scrivi tu la fine” è la storia di una convivenza generazionale. I tre protagonisti vivono senza rinunciare alla vita e alle proprie passioni. Abitano insieme ricercando ripetutamente una visione comune di casa in un rivelarsi di abitudini personali in contrasto. Fuori dalle proprie mura, per le vie di quella che un tempo era una città viva, sentono il frastuono delle contestazioni giovanili unite dallo slogan “non ci interessa il futuro, ci riprendiamo il presente”. Incapaci di comprendere osserveranno da lontano le rivolte sociali dei loro coetanei e le proteste contro un Paese nel suo punto di non ritorno. Questo è uno spettacolo sugli “smarriti”, sulle nuove generazioni che sospendono il legame con la società, specchio di un disagio giovanile segno di una mutazione antropologica prefigurata da decenni.
Un disagio che si manifesta nell’assenza di un agire politico in cui tutto si alleggerisce in favore di un consumo spensierato della vita privata.
TEMATICHE
“Scrivi tu la fine” è la cartografia generazionale di relazioni che rivelano:
- la paura di non essere fatti per un mondo in declino e allo stesso tempo di non poterlo lasciare;
- il disagio della personalità giovanile;
- l’assenza di trasmissione di testimonianza da parte delle generazioni precedenti;
- la solitudine sociale come sospensione di un agire politico.
APPUNTI DI CREAZIONE
La nostra storia racconta la disfatta di un sentimento giocate a tre. I due giovani e la ragazza sono segni di un consumo spensierato della vita. Queste esistenze si riveleranno vite che "non riescono a ricongiungersi" interamente rivestite d’epica contemporanea. Abbiamo saccheggiato il sistema relazionale del ménage à trois, nato con la Nouvelle Vague, che a sua volta racconta di saccheggi, riflessi speculari, citazione di citazioni - dal trio di "Jules e Jim" a "Le due inglesi" e "Hiroshima Mon Amour" di Truffaut, e ancora Bresson con "Tutta la vita davanti" e Godard con "Band à part" e "Fino all'ultimo respiro", arrivando a Bertolucci che fa la scorpacciata di tutto questo, saccheggiando il racconto di Adair ("The Holy Inocents") e dorandolo di un titolo evocativo come "Dreamers - I Sognatori". In questo filone abbiamo attraversato infine Palaniuk con il racconto dell'esistenza anarchica dei nostri anni, dei suoi "Fight Club" e delle sue "Ninna nanna". Questa, la nostra epica contemporanea.
I tre personaggi in scena non sanno che fine potranno scrivere per le proprie vite. Non sanno se Dio esiste, se i Padri esistono, se la Lotta e le Rivoluzioni sono esistite per davvero, non sanno se le Ideologie ancora esistono. I protagonisti di questa storia portano in scena l’impossibilità di vivere la propria vita come una grande storia, una grande impresa, una grande leggenda. L’impossibilità di vivere la propria vita come un'opera d'arte. Questi tre sono costretti a vestirsi inconsapevolmente dalla testa ai piedi di scene da film, letteratura, serie tv, social network che rappresentano l’idea di realtà sostituendosi alla propria esistenza. Vivono situazioni comuni che terminano sempre alla pancia delle cose, alla musica che stimola i bassi, all'ubriacatura relazionale, alla frammentazione, al frastuono della strada, al bacino, al consumo tribale dell'una sull'altro.